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Il Marketing che lascia il segno è quello che genera Valore

Quando si pensa al marketing, ancora oggi è diffusa l’idea che sia qualcosa di negativo, legato al concetto di manipolazione delle persone e che abbia come unico scopo quello di vendere e aumentare il fatturato. Forse, per qualcuno, ancora oggi è così. 

Ma questo approccio al marketing, oltre ad essere sbagliato da molto punti di vista, fa sì che questa metodologia sia relegata ad un uso non positivo per la società, quando invece potrebbe essere altro.

Per noi di Formark il marketing (e quindi il nostro lavoro), in quanto mezzo che opera all’interno della società, è investito di grandi responsabilità nei confronti di quest’ultima e delle persone con cui interagisce.

Il marketing è una forma di espressione e come tale, né più né meno delle altre forme d’arte da cui riprende tecniche e linguaggi (come il cinema o la letteratura), influenza le persone. Mira a coinvolgerle, emozionarle, divertirle, interessarle… Creando senso e significato.

Questo senso che porta il marketing scaturisce dal racconto della marca e del prodotto, che deve ovviamente essere in linea con l’identità del brand per essere vero e credibile.

Fare del “buon marketing” significa quindi partire dalla verità del proprio prodotto o servizio, saperlo raccontare agli altri in modo sincero, onesto ma anche interessante, coinvolgente, emozionante, così da generare un senso, un’identità a cui, chi lo desidera, possa aderire e in cui possa entrare a far parte, assumendo in sé un pezzetto di quel significato e facendolo proprio.

L’approccio al consumo oggi è sempre di più una questione “identitaria”: scegliamo certi brand anziché altri per poter raccontare una parte di noi stessi al mondo e lo facciamo identificandoci con i racconti e le narrazioni che la marche fanno di sé. 

Per far sì che questa identificazione scatti, e che le persone decidano liberamente di farsi coinvolgere, il racconto deve essere rilevante: ovvero utile, divertente, emozionante, interessante. Deve creare una sintonia con le persone con cui vuole interagire, dialogare e instaurare un rapporto. 

Naturalmente il racconto, oltre ad essere veritiero, deve saper innescare e diffondere atteggiamenti e valori positivi per la società e le persone. Una narrazione sincera e coinvolgente, basata su valori veri, conquista il cuore delle persone e ne migliora la vita

Questo è quello che ci piace chiamare “marketing sostenibile” o “marketing valoriale”. Questo è il marketing che facciamo.

Ovviamente, nessuno vuole negarlo, il ritorno di questo meccanismo virtuoso è anche quello di generare valore economico per le aziende che decidono di esprimersi con queste modalità: non di “vendere a tutti i costi” ma ricercando una sintonia di identità che intrecciandosi tra loro si migliorano vicendevolmente. Cercando, insomma, di risolvere problemi reali e soddisfare bisogni rilevanti.

Come si distinguono questi due diversi modi di fare marketing?

Un segnale lampante per discernere i due approcci è quello di focalizzarsi sulla terminologia.

Nel “marketing manipolatore”, che vuol vendere ad ogni costo, troveremo espressioni come: “far abboccare”, “colpire il target”, “consumatore”, “pubblico”, “riuscire a convincere”, ecc.

Mentre nel “marketing positivo” parleremo invece di “persone”, “creare relazioni”, “generare senso”, “risolvere problemi reali”, “portare valore”, ecc.

 

Per definirsi positivo, il marketing deve generare un processo che sia utile e benefico non solo per gli esseri umani, nella loro enorme complessità, ma anche per la società tutta e per l’ambiente in cui viviamo. 

Le persone ormai questo lo sanno e si aspettano una presa di posizione da parte delle marche; si aspettano che si interessino alla loro esistenza e che diano un contributo reale per migliorare il mondo un racconto alla volta, una persona alla volta

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